Turkey 2014

Racconto di Viaggio

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19 Luglio, sveglia alle 4:45, non ho problemi a svegliarmi, anzi, salto giù dal letto come una molla, non credevo di  addormentarmi  la sera prima, evidentemente sapevo di essere pronto e tranquillo di non aver dimenticato nulla.

 

 

Dopo la foto di rito ad Ike per immortalare l’inizio di quel viaggio tanto atteso, già percorso mille volte con l’immaginazione, accendo il motore, Paolo mi aspetta all’autogrill di Villanova d’Asti a cui arriverò puntuale alle 6:00, carichi e gasati come bambini al luna park.

Si parte… il viaggio inizia.

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L’appuntamento con la nave ad Ancona, che partirà con leggero ritardo, fa scorrere veloci i cinquecento monotoni km di autostrada.

 

Sbrigati i compiti di imbarco, lentamente cominciamo a calarci in modalità “FERIE!!”.

 

 

Il viaggio notturno, lento ma confortevole grazie alla cabina recuperata all’ultimo momento a nave salpata, ci porta ad Igoumenitza in Grecia.

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Grecia che scorrerà sotto le ruote per circa 900 km facendoci solo intravedere le sue meraviglie, ma il nostro obbiettivo non è lei, non in questo giro.

 

 

Arrivati al confine,in una unica tirata, non immaginavamo però di impiegarci tanto per passare, 5 controlli (1 Greco e 4 Turchi) hanno controllato tutto e registrato dati di moto, patente, assicurazione e passaporto.

 

Alla fine dopo un’ora e mezza di traffici frontalieri finalmente ci siamo… siamo in TURCHIA!!!

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A cinquanta chilometri da Istanbul decidiamo di provare l’ebbrezza del campeggio, ormai è buio e la giornata è stata lunga e faticosa, così il primo che troviamo ci fermiamo, 50 TL (lire Turche 1Euro=2,81TL) per 2 tende, poco pensiamo noi, con il senno di poi ci ha preso in braccio alla grande considerato com’era il campeggio.

 

I servizi erano quelli dei nostri campeggi più brutti di 50 anni fa, forse anche peggio, le docce fredde non avevano altro che un tubo e non le abbiamo provate.

 

Montato le tende accettiamo l’invito di una numerosa famiglia turca che tornava per le ferie in patria dalla Germania, ci offrono il “Çay” pronunciato “ciai” che è il loro the e lo bevono sempre, ovunque ed in ogni occasione, sarà la costante di tutto il viaggio in tutta la Turchia.

 

Scambiamo quattro chiacchiere seduti scomodamente per terra, prima di ritirarci per la notte.

 

 

Il mattino del 21 entriamo in Istanbul, città metropolita che ospita 14 milioni di persone e presa ai due estremi da ovest a est misura oltre 100km, l’ora mattiniera ci permette di evitare il caos pomeridiano ma già così è allucinante.

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La periferia si presenta come una moderna metropoli occidentale con nuovi ed eleganti grattacieli sedi di numerose società che hanno reso Istanbul il cuore pulsante dell’economia turca.

 

Nata sullo stretto del Bosforo sul corno d’oro, Istanbul ( fu Costantinopoli) è di fatto l’anello di congiunzione tra Europa ed Asia, questa sorta di campanilismo interno, tra gli abitanti, si avverte, “qui è Europa” ci sentiamo dire.

 

 

Vogliamo addentrarci nella città vecchia, quella più interessante, dopo varie rasette tra auto in coda nel traffico intenso che non tiene per niente in considerazione le due ruote, si proprio così… esattamente come da noi… cominciamo a cercare un posto dove fermare i nostri boxeroni e proseguire la visita a piedi.

 

 

Scopriamo che non è così facile, i parcheggi non contemplano le tariffe moto e ci rimbalzano, ogni via è un grande bazar fatto di bancarelle con più o meno sempre le stesse cose e non possiamo lasciare le moto, ci soccorre una gentile e giovane donna che incrociandoci a bordo della sua auto ci invita a seguirla, cosa che facciamo, alla fine di un lungo tortuoso percorso fra le vie strette e caotiche riusciamo a trovare posto, naturalmente stupiti dalla disponibilità offertaci la ringraziamo e ci saluta.

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Abbandoniamo le moto e ci addentriamo nei vicoli, raggiungiamo la Moschea Blu ed il Gran Bazar, che visitiamo, meriterebbe un viaggio dedicato ma noi non siamo venuti in moto per Istanbul, più comodo l’aereo e poi taxi per visitarla, sarà un altro viaggio, quindi non ci dedichiamo molto tempo.

 

 

Incontriamo Burak un collega di Paolo che ci offre un buon caffè Italiano nel suo ufficio, sarà l’ultimo caffè del viaggio.

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Ci accingiamo ad uscire dalla città, il grande ed alto ponte che attraversa il Bosforo ci fa ammirare le navi che sembrano piccole entrare ed uscire tra il mar di Marmara ed il Mar Nero, un certo effetto lo fa il cartello “welcome to Asia” a lato del ponte su cui sventola anche una enorme bandiera turca.

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Un pezzo di strada non asfaltata ci conduce al posto dove pianteremo le tende, un locale in riva al mar nero con una dozzina di tavolini ed un pergolato naturale sotto cui ci sistemiamo, per le moto invece ci fanno passare tra i tavoli del locale per sistemarle in fondo allo stesso.

 

Montato tutto ci togliamo le tute per un bel tuffo nel mar Nero che… bada ben…. È blu !!!

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22 Luglio dopo qualche bel pezzo di strade bianche arriviamo a Safranbolu.

Graziosa cittadina con le case in stile ottomano, una delle città ottomane meglio tutelate della Turchia, tanto da sembrare una cartolina in ogni scorcio.

 

 

Questa regione dichiarata dall’Unesco nel 94’ patrimonio dell’umanità, era un tempo al centro di una importante via commerciale che diede ricchezza ai suoi cittadini che costruirono le caratteristiche case di legno,fango essiccato e stucco.

 

Ora perfettamente restaurate, spesso accolgono locande e hotel, ed è in uno di questi che, dopo estenuante trattativa siamo riusciti a soggiornare, d’altronde l’arte del mercanteggiare su ogni cosa qui è quasi un divertimento, senza esagerare, ovvio.

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Il giorno seguente proseguiamo nell’incantevole paesaggio, fatto di vallate aperte che grazie all’aria tersa e secca permette lo sguardo di estendersi ad oltre cento km.

Alle 9 del mattino si è già oltre i trenta gradi per accompagnarci lungo il tragitto a picchi di oltre quaranta, il massimo 43.

 

Con un minimo di accortezza e di equipaggiamento giusto però non è per niente fastidioso, come si potrebbe pensare, anzi in qualche caso l’aria secca lo rende piacevole, l’importanti e mantenersi idratati, certe giornate sono riuscito a bere oltre quattro litri d'acqua.

 

Comunque sopra i 36° vale la regola che quel che protegge dal freddo, protegge dal caldo, ed è vero, viaggiavo con sollievo completamente chiuso vestito e sigillato, e stavo bene.

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Arrivati a Tokat cerchiamo un Hotel economico, ne troviamo uno a bordo strada, ci informiamo subito su dove lasciare le nostre amate moto, per nulla convinto della prima sistemazione sul marciapiede, suggerita da un agitatissimo receptionist, più preoccupato a prendere i passaporti che non a risolverci il problema.

 

Quando però gli abbiamo fatto capire, ed io mi stavo decisamente alterando per i suoi modi, che se non sistemavamo le moto, non sistemavamo un bel niente, ci ha trovato posto nel parcheggio sotterraneo dell’hotel a 4 stelle di fronte.

 

 

Conosciamo in quel bailame un commerciante adiacente all’hotel, che mentre “affrontavamo” il receptionist esagitato, ci raccontava la sua passione motociclistica ed accennandoci racconti di viaggi, ci invita a bere qualcosa dopo cena,che per inciso, avveniva tardi perché eravamo nell’ultima settimana del Ramadan, ed in queste zone frequentate al massimo da turismo locale era difficile vedere gente cenare prima del tramonto.

Dopo la cena a base di un particolare kebab molto buono proviamo a prendere contatto con il nostro amico.

 

Lo incontriamo a lato di una piazza in cui un complesso suonava musica folcloristica di fronte al pubblico seduto in piazza su sedie di plastica, anche lui ce ne porge un paio e ci sediamo sul marciapiede cento metri più giù in modo da poter chiacchierare.

 

 

Ci presenta un suo amico, anche lui biker, e ci offre coca cola e gelati nonché le immancabili noccioline, passiamo piacevolmente la serata,si parla di tutto, curiosità reciproche, di moto, viaggi, politica e religione, scopro che la Turchia vive un momento di forte boom con una crescita paragonabile a quella cinese.

 

La vita quotidiana in quella regione, a noi appare come negli mitici anni 70, infatti la gente lavora e sta bene, non tutto è risolto le città sono ancora da sistemare e generalmente a noi appaiono fatiscenti, però si vede molto lavoro in corso e le cose stanno cambiando molto rapidamente.

Al ritorno dopo esserci salutati ripassiamo davanti alla piazza ancora in festa.

Vediamo i danzatori dervisci nella loro mistica danza, rimango a fissarli stupito di come sopportassero un continuo ruotare sul posto, con il capo inclinato sul lato destro, le braccia sollevate con i palmi aperti in adorazione divina ed il loro abito che si apre per la rotazione.

 

Mi accorgo di quanto sia ipnotica e suggestiva questa espressione di danza roteante, fatta di precise movenze e gestualità unita alla musica, che unisce lo spettacolo al misticismo e che porta i danzatori in uno stato alterato, simile all’estasi per avvicinarli a Dio.

 

 

Molte sono le culture che usano una forma di danza sacra per raggiungere uno stato di “super-coscienza” ed i danzatori praticano il Sufismo attraverso questa danza come forma antica di trasmissione dei misteri dell’antichità e viene praticata solo dopo esercizi che richiedono una lunga preparazione.

Il 24 Luglio partiamo con obbiettivo Ordu, la strada è disseminata di cantieri stradali, tutto è in costruzione, si spianano addirittura colline per far passare le nuove strada, tutto in forte evoluzione, temo una turchia completamente diversa da qui a qualche anno, quella che vediamo ha le ore contate, poi bisognerà cambiare la mentalità della popolazione che ha ancora decisamente poca attenzione ecologica, sacchi di immondizia abbandonata lungo la strada e spesso dati alle fiamme, anche sotto i nostri occhi, ne consegue lo spiacevole odore che pervade molte delle città attraversate, il gran caldo poi certo non aiuta.

 

L’asfalto è terribile, sarà solo “meno terribile” nel sud della Turchia, scivoloso quando va bene, unto di una sorta di pece quando va male, sembra una perpetua macchia d’olio, che ti si attacca, sparata dalle ruote, sul fondo della moto, temo non verrà mai più pulita, e questo diffusamente in quasi tutti i 6000 km percorsi nel paese, non oso pensare come sarebbe stato con la pioggia, che fortunatamente non abbiamo sperimentato.

Arriviamo ad Ordu.

 

Pranziamo e raggiungiamo un albergo carino 120 LT (circa 40 euro per doppia con colazione) ci sistemiamo ed incontriamo una giovane coppia spagnola, che sta vivendo la loro avventura che proseguirà fino in Vietnam.

 

Li ammiriamo per l’audacia del loro progetto e intimamente li invidiamo anche un po’ (ok ok neanche troppo intimamente) 

Il mattino del 25 rinfrescato da una bella pioggia notturna, dopo una buona colazione ci dirigiamo verso il monastero di Sumela.

 

Monastero greco ortodosso fondato in epoca bizantina da monaci scalatori, esso infatti è abbarbicato su una ripida parete che sovrasta la valle piena di sempreverdi e sul fondo un impetuoso torrente di montagna.

 

 

Si raggiunge dopo una camminata di 45 minuti su un ripido sentiero nel bosco e per finire dopo l’acquisto dei biglietti (15 LT) con una ripidissima scalinata.

 

Si presenta un intreccio di nicchie e locali riccamente affrescati con icone sacre a cui qualche vandalo nel passato si è divertito a sfigurarne il viso, si vede comunque benissimo l’immagine della vergine Maria Nera con in braccio Gesù bambino e di lato si vede Gesù adulto.

Le strade che ci portano verso Erzurum sono di montagna, con gole, vallate e ruscelli ricchi d’acqua, meraviglioso.

 

Poi però il paesaggio via via più pianeggiante concede poco svago alla nostra brama di curve.

 

Nel pieno rispetto dello spirito motociclistico, quindi per non annoiarci troppo ci viene in mente di provare ad impostare sul navigatore il “temutissimo percorso tortuoso” lo spauracchio di qualsiasi automobilista che non voglia far vomitare i passeggeri, però tanto amato dai motociclisti.

 

 

Così dopo aver armeggiato con il navigatore affrontiamo il nuovo percorso indicatoci.

 

Con sorpresa scopriamo quasi subito una bella strada bianca che si addentra tra le montagne, vi lascio immaginare le emozioni che ci hanno assalito, essere in Turchia, fuori da qualsiasi rotta turistica, in mezzo alle montagne con il motore in ebollizione per la bassa velocità, in mezzo al nulla.

 

Incontriamo solo occasionalmente qualche mandria con il pastore che ci saluta e ci guarda stupito, un pizzico di avventura non sapere minimamente dove avrebbe portato quella strada e se fosse praticabile con i nostri bisonti carichi di oltre 330kg con gomme stradali, più il pilota (non proprio un fuscello, ndr.).  

Alla fine ci spariamo 30/40 km di fantastico sterrato fra le montagne, solo in un paio di punti impegnativo, la preoccupazione maggiore, con ancora 7000 km di viaggio, era cercare di risparmiare gomme e meccanica, per cui si procedeva “evitando le buche più dure” come diceva il buon Battisti!

 

 

 

Ovviamente l’offroad rallenta la nostra andatura, comincia a fare buio e non è salutare girare di notte, troppo pericoloso, ci sono parecchi animali liberi e cani randagi che ti tagliano la strada improvvisamente, bisogna vederli per tempo. 

 

Cerchiamo posto nel primo paese che troviamo sulla nostra strada, siamo a Uzundere un piccolo paesino.

 

Ormai è buio e la gente è seduta per strada a fumare e bere l’immancabile Çai, chiediamo indicazioni ad un gruppo di uomini, che dalle espressioni sembravano non aver capito, si presenta un uomo sulla trentina che con qualche parola inglese e con i gesti ci dice che l’hotel è chiuso ma lo viene ad aprire per noi, di aspettare seduti.

 

Porgendoci due seggiolini ci accomodiamo in mezzo alla strada con un basso tavolino su cui prontamente ci offre “iki Çai” due immancabili the, una sorta di saluto o benvenuto, ovviamente mai rifiutare, sarebbe scortese, ci gustiamo il nostro the bollente scambiando gesti di saluto con i presenti, incuriositi dai due stranieri con moto insolite, almeno da quelle parti.

 

 

Abbiamo sicuramente movimentato la loro solita serata, offrendo il fianco, molto probabilmente, anche a battute di scherno, che ovviamente non capiamo.

 

Giungiamo all’hotel, la camera è modesta ed i servizi sono in comune ma, siamo soli, pronti a contrattare, chiediamo il prezzo, 40LT con colazione (14.2 euro , 7 euro a testa) ci siamo guardati … “cosa vuoi contrattare..” abbiamo pensato.

 

Ci sistemiamo e usciamo per vedere cosa c’è in giro, ovviamente nulla, qui siamo fuori da qualsiasi circuito turistico, è un paese dormitorio di gente che lavora ed aspetta l’ora per cenare (Ramadan), in giro quasi tutti uomini.

 

Ci addentriamo, con l’inconfondibile andamento del turista, in quella che sembra essere la via centrale del paesino, un po’ bazar ed affollato di gente, ovviamente ci sentiamo osservati ma ormai siamo abituati e non ci facciamo caso.

 

Vediamo un locale, molto “alla buona”, che prepara degli spiedini di kebab con una attrezzatura decisamente sfruttata, in mezzo alla strada, decidiamo di fermarci e ci sediamo su traballanti sedie di plastica ed un tavolino che sicuramente ha visto giorni migliori, diventiamo subito “l’attrazione” del locale, senza però essere mai infastiditi.

 

Questa situazione,  diverte e incuriosisce, il cuore del progetto di questo nostro viaggio infatti, non è quello di seguire una guida turistica, ma uscire dagli schemi ed incontrare la gente, quella comune come noi, quella che non fa notizia di cui non si parla, che lavora ogni giorno per costruire il suo futuro e della Turchia di domani, per capire un po’ di più.

 

La comunicazione però è difficile e veniamo “adottati” da un uomo, che scopriremo essere armeno, parla inglese e ci traduce qualcosa, iniziamo a cenare e verso la fine del pasto mi viene in mente di chiedergli, se sapeva dove acquistare un caricatore da auto per il mio cellulare, lo vedo pensieroso quindi prende il mio cellulare, con un gesto mi fa cenno di aspettare e sparisce nella via affollata, guardo Paolo che rideva sotto i baffi e gli dico, “ciao cellulare”.

 

Neanche troppo preoccupato per la verità, vengo smentito dopo 10 minuti quando il tizio ritorna con quello che cercavo, facendomi vedere che il connettore era proprio quello giusto per il mio cellulare, sorpreso dalla gentilezza chiedo quanto devo e mi dice 5 TL ( 1,7 euro….) rimango perplesso pago lasciando una mancia per il disturbo che però non voleva, sostenendo che siamo ospiti, abbiamo insistito ed alla fine l’ha lasciata al ragazzino che ci serviva.

 

 

Le moto parcheggiate proprio sotto la finestra dell’hotel ci aspettano per ripartire verso Kars, un po’ di manutenzione ordinaria al primo benzinaio, è ora del rabbocco d’olio e poi via.

Siamo su un altopiano a 1500 metri di media, sembra pianeggiante ma si avverte l’aria leggera, il caldo comunque non molla, sempre oltre i 35°, il paesaggio è Asiatico, poche piante, concentrate in fondo alle ampie vallate quasi a formare un’oasi nel deserto, il verde intenso e rigoglioso contrasta con il paesaggio circostante di aride rocce ed il confine tra loro è incredibilmente netto quasi fosse tagliato con un’accetta.

26 Luglio, siamo a Kars una città dall’aspetto russo con imponenti palazzi, un tempo roccaforte armena e poi contesa tra turchi e russi che la abitarono per 70 anni a cavallo tra 1800 e  1900 ripresa con la guerra d’indipendenza.

 

Proseguiamo verso Ani, un sito archeologico a 45 km ad est di Kars proprio sul confine con l’Armenia (Armenistan), i resti di una maestosa città con oltre 100.000 abitanti, un tempo capitale dell’Armenia che rivaleggiava con Costantinopoli per potere e gloria.

 

 

Impressionano le enormi mura che raccontano, pur nell’attuale decadenza, la maestosa storia di cui hanno fatto parte, il tempo gli anni di abbandono e non per ultimo i vari violenti terremoti di queste terre, hanno lasciato il segno evidente ma non hanno intaccato il fascino di questi luoghi.

 

Così mi tornano alla mente ricordi di infanzia, sulle avventure di Marco Polo sulla via della seta, che passava proprio qui, sulle rovine di quel ponte ormai crollato che univa i due lati di una profonda gola scavata dal fiume Akhurian che ora segna il confine tra Turchia ed Armenia, testimone di chissà quante storie armene, bizantine, mongole, perdute nel passato.

 

 

Marciare sotto il sole con temperature prossime ai 40° non agevola ma non mi dispiace, il caldo infernale (almeno per noi) è parte di questi luoghi, un senso in più oltre alla vista per apprezzare quello che vediamo.

 

 

D’altronde il motociclista viaggia così, si immerge nei luoghi che visita, cerca di carpire le sfumature del paesaggio che attraversa con tutti i sensi, annusa l’aria, se fa caldo si suda, se fa freddo si trema e se piove ci si bagna, chi viaggia in pullman o in auto con i condizionatori, si isola dietro un vetro, il motociclista non vede il paesaggio come uno spettatore,lo vede come protagonista. Per questo amo il turismo in moto.

Salutiamo Ani, ho i piedi in ebollizione dentro gli stivali da moto, mi viene così l’idea fantastica di buttarci dell’acqua dentro (con i guanti funziona, mantengono le mani fresche per parecchio tempo) dimenticando che essendo ermetici, l’acqua non entra ma neanche esce, dopo il sollievo iniziale presto mi sento i piedi in acqua bollente peggiorando la situazione, non lo farò mai più, esperienza insegna.

 

Imbuchiamo una strada sterrata, sembra interminabile e solleviamo un gran polverone ad un certo punto, dopo diversi km vedo un pastore e mi fermo per cercare di capire se siamo sulla strada giusta e quanti chilometri di sterrata ci aspettava, alla fine saranno una ventina, ma quella asfaltata era peggio ancora con buche spacca tutto.

Passiamo sotto il monte Ararat, non facendo parte di una catena montuosa, i suoi 5.165 metri lo rendono ancora più maestoso.

Ho provato a cercare l’arca di Noe, di cui si narra l’approdo sulle sue pendici al ritiro delle acque del diluvio universale,

 

forse ho visto qualcosa ma non son sicuro …

Arriviamo a Dogubayazit ai piedi del monte, caos totale, strade e case fatiscenti, vita frenetica tra le vie e polvere, tanta polvere, ci sentiamo ancora una volta come astronauti su un mondo alieno, solo che gli alieni eravamo noi.

 

Troviamo un’hotel con vista Ararat, anche la guida descrive la città come di frontiera, molto rumorosa anche di notte, interrotta come sempre è accaduto dalla preghiera coranica delle 3 o 4.

 

 

Al mattino del 27 partiamo per visitare il Ishak Paȿa, palazzo che sovrasta la valle della città a 6km a sud est di fronte all’Ararat.

Bellissimo esempio di architettura con stili misti ottomano, georgiano, persiano ed armeno, l’atmosfera da mille e una notte rafforzata oltre che da bellissime finiture su pietra dei suoi molti locali, anche dalla posizione abbarbicata sulla roccia con l’Ararat innevato, e la verde valle sottostante a far da sfondo alle sue rossastre mura.

Volevamo andare a vedere un cratere meteorico a pochi km dal confine con l’Iran ma, giunti nelle vicinanze, ci accorgiamo di una coda interminabile di camion in attesa di passare la frontiera, per cui desistiamo e proseguiamo nel nostro viaggio verso Van.

Il lago di Van è una delle più conosciute mete del turismo interno, si tratta di un lago endoreico (senza sbocchi), il più grande della Turchia.

 

Alimentato da torrenti pluviali delle montagne circostanti, si trova ad una altezza di 1600 metri ed è caratterizzato da una forte alcalinità ricca di carbonato di sodio ed altri Sali.

 

Dopo una immersione in queste acque si ha l’impressione di avere sulla pelle del borotalco profumato. Infatti questi Sali vengono estratti per evaporazione ed usati come detergenti.

 

 

Essendo senza sbocchi a causa di una antica eruzione, il livello del lago varia nel corso degli anni, a volte anche in maniera drammatica, nel passato remoto di oltre 70 metri sul livello attuale, ma anche in epoche molto recenti, anni 90’, si alzo di 3 metri allagando, prima del lento ritiro, diversi terreni agricoli.

Il 28 Luglio ci fermiamo al distributore di benzina per il pieno, ci accolgono con succo di frutta e torta, è finito il Ramadan e si usa accogliere gli ospiti con del cibo, anche ad un distributore di benzina.

 

Scopriamo che anche la polizia, molto presente ovunque, che ci ferma ad un posto di blocco, dopo i controlli ci offre delle caramelle, veramente pittoresco.

 

 

Anche più avanti, in una pausa per rifornimento di acqua in un’area di servizio, per mettersi all’ombra con 42°, ci viene riservato lo stesso trattamento, non abbiamo fatto nemmeno benzina, non ne avevamo bisogno, la cosa ci ha ancora una volta piacevolmente stupiti.

Arriviamo a Hasankeyf con le sue case color miele abbarbicata su una gola che domina il Tigri è una piccola Capadocia, purtroppo al centro di polemiche per via del progetto che, a causa della costruzione di una diga, prevede il suo prossimo inabissamento nelle acque del Tigri, nascondendoci questo meraviglioso sito archeologico, sicuramente meta futura di appassionati sub.

Arriviamo a Mardin nella zona vecchia, la parte più alta della città, troviamo alloggio all’hotel Maridin, un palazzo restaurato del 1300 non ci sono parole per descriverlo e vi assicuro che le foto non rendono piena giustizia, ci soggiorniamo per 140 lire turche (30 euro a testa) inutile raccontare date un’occhiata qui

Dopo un rocambolesco esagitato imbarco per un traghettino di 10 minuti stile D-Day ma al contrario, usando, al solito del classico molo, una riva ghiaiosa su cui manovrare con difficoltà i nostri bisontini, che come è noto a tutti tranne ai turchi, non sono dotati di retromarcia per cui “andare indietro” su sterrato in salita non è proprio facilissimo.

Giungiamo quindi a Nemrut Daği, la montagna a cui si arriva dopo pedaggio e una tortuosa salita, molto ripida, di 14 km di autobloccanti!!

 

Per finire con una bella scarpinata di altri 30 minuti.

 

 

 

Ci attende la spettacolare vista di queste enigmatiche quanto gigantesche teste, un tempo in cima alle corrispondenti statue, si tratta di un luogo molto suggestivo, questi volti scolpiti nella pietra ci invitano a guardare con loro il magnifico paesaggio sottostante dall’alto dei 2150 metri, fatto di catene montuose e vallate ricche di colori pastello che contrastano con il cielo azzurro.

Commissionate da un antico re di epoca pre-romana, si dice, un tantino megalomane, e scoperte poco più di 130 anni fa, situate su un terrazzo in cima al monte, dovrebbero raffigurare il re medesimo e delle divinità a cui il megalomane riteneva di essere imparentato.

 

La forma a punta della vetta fatta di piccoli ciottoli di pietra, in completo contrasto con la morfologia circostante, lascia pensare sia opera dell’uomo, e che sia anche un luogo di sepoltura della famiglia reale.

 

I terremoti successivamente hanno decapitato le statue ed ora le teste giacciono ai piedi del resto del corpo seduto di fronte alla valle.

 

Giungiamo a Sanliurfa (gloriosa Urfa) bella cittadina, marasma di auto e pedoni, motorini fumosi e chiassosi illuminati da led colorati nei parafanghi, una tamarrata di epiche proporzioni.

 

Dopo esserci sistemati in un modesto hotel nel centro della città, decidiamo di dare una occhiata buttandoci nel fiume di persone che affollano le vie.

 

Ogni città che attraversiamo pullula di gente che evidentemente a casa si stufa, bello e divertente ai nostri occhi sembra il paese dei balocchi nella famosa fiaba di Collodi, peraltro conosciutissima anche qui.

 

 

Qui finisce la “nostra” Turchia, quella un po’fuori dal “giro” e sarà poi, quella che ci è piaciuta di più, per il contatto avuto con le persone straordinarie incontrate casualmente lungo il nostro peregrinare oltre che per i posti fantastici.

 

 

 

Al termine del giro Paolo ed io siamo d’accordo su questo, non perché le successive mete non siano belle, anzi, hanno reso famosa la Turchia proprio per la loro bellezza, ma il turismo spinto, quello delle agenzie con voli aerei, ha portato orde di persone e non troviamo più, nella gente del posto, quella meravigliosa naturale accoglienza che ha caratterizzato il viaggio per i primi 4mila km.

 

L’impressione e che, pur essendo gentilissimi, noi non siamo più ospiti nel loro paese ma, semplici turisti come effettivamente siamo ma, il sentirci “ospiti graditi” con tutta l’accoglienza conseguente, ci mancherà per il resto del giro.

31 Luglio, arriviamo a Goreme, il centro della Capadocia, meraviglioso paesaggio lunare unico al mondo, scaturito da depositi di cenere vulcanica e successive erosioni di pioggia e fiumi avvenuta nei millenni.

 

 

 

Le tenere rocce hanno dato riparo a diverse civiltà della storia, si trovano tracce dei primi cristiani attraverso le chiese affrescate scavate all’interno dei camini delle fate, anche oggi danno dimora a diverse locande e piccoli hotel che permettono di soggiornarvi all’interno. 

Tutto il paesaggio ha un che di magico, l’alba ed il tramonto sono imperdibili in queste zone, le ombre dei camini si allungano sulle pareti della valle circostante creando immagini indimenticabili.

 

Per vedere meglio l’alba non mi son fatto sfuggire il giro in mongolfiera, era la prima volta e farlo sulla Capadocia … fantastico.

 

Sveglia alle 4 mi viene a prendere un pulmino, solo io perché Paolo preferisce tenere i piedi a terra, diciamo così, sono buono …

 

 

 

Arriviamo su un prato con decine e decine di palloni in preparazione, assisto alla procedura di gonfiaggio del nostro.

 

Appena dispiegato, una breve lezione del comandante sulla postura da tenere durante l’atterraggio che potrebbe essere anche “movimentato” e si decolla nel silenzio interrotto solo dalle intermittenti rumorose fiammate che scaldano l’aria, durante la salita dolce e lenta si ammira il paesaggio unico, in tutta la sua bellezza e arrivati a 700 metri ammiriamo l’alba di quello che sarà il mio ultimo giorno da 45enne.

Tutto fantastico, quando il comandante ci chiede se è il nostro primo volo in mongolfiera, al nostro annuire si fa scuro in volto e risponde “e l’avete fatto proprio con me?

 

Sappiate che sono un base jumper ed a 700 metri mi butto con il paracadute, ho fatto molti splendidi decolli ma, nessun atterraggio...”

Ok piccolo simpatico siparietto per noi turisti che ridiamo, qualcuno anche istericamente. 

L’atterraggio avviene direttamente sul carrello dell’organizzazione, niente di quello paventato ovviamente si è realizzato, comunque considerato che il mezzo non è certo dei più manovrabili, può infatti andare solo su e giù, al resto ci pensa il vento, il simpatico comandante stato molto in gamba.

Primo Agosto giorno memorabile, almeno per me … è il mio compleanno, raggiungiamo Hilara, un magnifico canyon con tanto verde sul fondo ed al centro un tranquillo ruscello che evidentemente in passato si è dato un gran da fare per creare quel posto, da queste ripide pareti hanno preso le immagini per creare la scenografia della corsa dei jumper di Star Wars  I e si riconosce parte del percorso, ovviamente con la computer grafica hanno rimosso la fitta vegetazione sostituendola con la pista sabbiosa.

La seconda tappa prevede la visita a Tuz Golu, un vecchio lago salato, secondo per estensione, la cui acqua evaporata ha lasciato spazio ad una immensa salina piatta su cui non abbiamo resistito a farci la foto sul sale con le moto.

La strada lunga dritta, scorrevole ma noiosa viene interrotta da uno dei tanti posti di blocco della polizia stradale che questa volta ci ferma e ci contesta un eccesso di velocità.

 

Stupiti ci chiediamo come è possibile, in quanto il limite segnalato di 120 km/h era stato sicuramente rispettato, in effetti il tele laser indicava 119km/h, in quel frangente veniamo a sapere, che le moto in Turchia, possono andare al massimo a 90km/h!!!! e quindi dovremo pagare una multa.

 

Ora dico io, capisco che la legge non ammette ignoranza ma scriverlo da qualche parte? No?

 

Nemmeno all’ingresso in frontiera esiste una segnalazione per noi turisti sulla differenza tra auto e moto in merito a limiti di velocità.

 

Considerato che andavamo allineati al traffico,e che non ci fosse nessun segnale in merito a questo limite, l'attenuante era più che evidente, ma gli inflessibili (a mio avviso ottusi) agenti non hanno sentito ragioni e ci fanno 356 lire di multa (circa 120 euro) a testa.

 

Decidiamo di pagare la multa al più presto, esiste anche la possibilità che non pagandola, cosa che abbiamo seriamente considerato, vista la palese ingiustizia subita, non ci facessero passare la frontiera obbligandoci comunque a pagarla.

 

Non so se è così ma, visti i numerosi controlli che ti fanno per entrare ed uscire, non ci sarebbe da stupirci.

 

Ovviamente anche il pagare una multa diventa un’avventura.

 

Io dall’agente che compilava il verbale, capisco che si può pagare in una qualsiasi banca mentre Paolo che si può pagare in posta, facciamo come dice lui così, giunti in posta, veniamo indirizzati in una sede della Polizia.

 

Il fatto che non ci fosse la coda a pagare le multe avrebbe dovuto indicarci qualcosa ma non fu così, evidentemente si può pagare in quel luogo, solo che non lo fa nessuno, gli agenti sono così impreparati che dopo aver armeggiato parecchio tra computer, multa e passaporto ci dicono che non sono in grado di completare la procedura per mancanza di un fantomatico codice fiscale e ci indirizzano ad un altro ufficio che dista 40 km.

 

Raggiungiamo questo ufficio, ed anche qui veniamo “adottati” da un gentilissimo agente che ci aiuta, dal parcheggio delle moto fino a districarci tra gli sportelli di quell’ufficio, essendo anche uno dei pochi, se non l’unico che parlasse inglese, alla fine ci fanno salire al piano superiore, nell’ufficio del responsabile.

 

Mi sa che si sta complicando, sta faccenda, penso io.

 

Ci fanno accomodare e ci offrono l’immancabile the turco, dopo aver compilato a mano un foglio su cui sono state scritte le nostre generalità nonché quelle dei nostri genitori ci fanno firmare il tutto, ovviamente non ho idea di cosa ho firmato, spero non mi arrivi una enciclopedia turca, comunque la pratica finalmente si sblocca e paghiamo.

 

Invitiamo l’agente che ci ha assistito in quel marasma a bere qualcosa per sdebitarci, scopriamo che ha una figlia che studia veterinaria a Venezia, non è mai stato in Italia ma spera di venirci presto.

Ci conferma l’esistenza del limite per le moto ma anche che sono stati piuttosto … “rigorosi” diciamo cosi!!

 

 

Comunque devo dire che la Polizia che abbiamo incontrato lungo tutto il viaggio è molto presente, incontravamo almeno un posto di blocco al giorno, ed a parte il frangente della multa, mai piacevole ovvio, con noi si è sempre dimostrata gentile e cordiale.

 

2 Agosto ormai siamo nella parte meridionale della Turchia, quella che si affaccia sull’Egeo, la macchia mediterranea è ormai evidente e la strada che porta ad Antalya  costeggia la costa, ricorda molto alcune zone del centro sud italiano.

 

Visitiamo Cirali vicino a Olimpos, una piccola località piena di hotel e pensioni, sembra nata solo ieri, invece racchiude la più enigmatica delle icone classiche: l’eterna fiamma della Chimera.

In turco chiamata Yanartas (pietra che brucia) ed è facile immaginare come nell’antichità questa zona di focolai ardenti generasse credenze di divinità e mostri.

 

 

La notte queste fiamme eterne si vedono anche dal mare, alimentate da un gas naturale queste fiamme millenarie ardono ancora oggi, inutile dire che il momento migliore per vederle è di notte, cosa che non abbiamo potuto fare noi, comunque valeva la pena ammirarle e soprattutto la lunga camminata per raggiungerle.

Il 4 Agosto siamo a Pamukkale spettacolare collina con bianche vasche a sbalzo piene di acqua satura di calcare che scorrendo sulle pareti continua nella creazione di questo paesaggio, si percorre tutta la parete bianca immersi nell’acqua calda che scorre sui piedi scalzi fino a raggiungere la cima in cui ci sono i resti della città sacra di Hierapolis , la bianca e scintillante collina di travertino attira molto turismo che arriva da ogni parte del mondo per vedere quella che fu un’antica terme romana i cui abitanti 2000 anni fa, si godevano più o meno le cose di oggi.

Ultima tappa Troy, su una collina sorgono le rovine di Troia, vicino una replica molto turistica, oserei ridicola del famoso cavallo, ma quello che mi ha interessato sono le mura della città, e le rappresentazioni grafiche di come doveva essere nel suo antico splendore, nulla di eclatante se non avessi saputo di trovarmi di fronte alle mura di Troia, la suggestione fa la sua parte ed allora tornano in mente le narrazioni di Omero e la sua epica storia, e tutto assume un fascino particolare.

Siamo ora a Canakkale sullo stretto dei Dardanelli, braccio di mare che separa la penisola di Gallipoli dall’Anatolia nord occidentale.

 

Stretto poco più di un chilometro, mette in comunicazione il mar Egeo con il mar di Marmara e di conseguenza il Mar nero attraverso il Bosforo, molte sono le navi che, oltre i traghetti, solcano questo stretto mare, in passato teatro di epici scontri.

 

Durante la prima guerra mondiale un quarant’enne W.Churchill ideò il piano per accerchiare la Germania, che prevedeva,passando dallo stretto dei Dardanelli, la capitolazione di Istanbul e l’abbandono delle armi dell’impero ottomano alleato con i tedeschi, poi attraverso il Mar Nero rifornire l’alleato Russo.

 

 

Inutile quindi sottolineare l’importanza strategica del luogo, che però diventerà famoso come teatro della peggiore disfatta inglese ed suoi alleati,della grande guerra.

 

 

Molte sono le commemorazioni delle gesta del colonnello turco,Mustafà Kemal, eroe Turco, che respinse le forze alleate (Neozelandesi ed Australiane) in una terribile guerra di trincea rappresentata ovunque ancora oggi,che fece 250.000 caduti in soli 200 giorni.

In particolare colpisce un monumento che riproduce in scala reale le figure dei soldati delle due fazioni in trincea, distanti tra loro solo otto metri, in poche parole il nemico lo guardavi negli occhi.

Ai giovani soldati veniva data l’estrema unzione da una parte e letto il corano dall’altra, prima di mandarli in trincea con una speranza di vita di pochi minuti a sostituire quelli caduti prima di loro, impossibile immaginare l’orrore.

Ad ulteriore ricordo della tragica battaglia la penisola è piena di cimiteri di guerra, ancora oggi meta di pellegrinaggio oltre che locale, anche Australiano e Neozelandese.

 

Ormai siamo alla fine del giro, siamo in anticipo, l’appuntamento con la nave a mezzanotte, ed il passaggio in frontiera più veloce di quello preventivato, ci permette di fare gli ultimi 900 km che ci separano dal traghetto evitando le autostrade e di avventurarci nell’entroterra greco.

 

 

Scopriamo un percorso finalmente degno di noi motociclisti con un asfalto ottimo e curve da sogno, fosse dalle nostre parti sarebbe pieno di bikers  con tute in pelle e ginocchio a terra, qui però è tutta per noi siamo soli e non c’è traffico, bellissimo, 900 km così volano presto e ..

dopo aver visto così tanto …

 

 … e così bello …

 

 

 il nostro viaggio termina sulla banchina del porto di Igoumenitza in attesa dell’imbarco sulla nave che ci porterà in Italia.

Album fotografico

Istanbul

Black Sea Coast

Safranbolu e Amasya

Monastero di Sumela, Ararat, Dogubayasit

Van Lake, Mardin, Nemrut Dagi

Capadocia

Pamukkale e Troy

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Commenti: 6
  • #1

    carlo muccini (martedì, 26 agosto 2014 01:47)

    Semplicemente fantastico!!!!! Ho letto il tutto in un batter d occhio, un racconto bello scorrevole che oltre alle nozioni ti fa vivere questa avventura...
    sono felicissimo di aver "trovato" amici virtuali che mi hanno fatto vivere un sogno.
    questo volevo ottenere con il gruppo è grazie a voi, ho potuto conoscere una parte di mondo dal vero. Mi ha colpito lo stesso pensiero che ho io potessi fare un viaggio del genere, ovvero la parte "normale" dove si vive e si sente la vera vita di quel popolo. Grazie x aver reso pubblica questa stupenda avventura!!!

  • #2

    Gianluca ike-gs (martedì, 26 agosto 2014 08:53)

    Grazie Carlo, contento che ti sia piaciuto.

  • #3

    giulio (domenica, 26 ottobre 2014 18:59)

    Gianluca , potresti fare il reporter di Avventure nel Mondo. (Complimenti x le dettagliate spiegazioni).
    E' un diario di viaggio ben scritto e commentato che induce il lettore a rivivere con voi le vs/ esperienze.

  • #4

    Gianluca ike-gs (domenica, 26 ottobre 2014 20:09)

    Grazie Giulio

  • #5

    Diana and Javier (sabato, 13 dicembre 2014 11:58)

    We remember the day we met near the Monastery of Simela. We hope to see you again in the future. Great adventure you describe in this post.

    Regards, Diana and Javier.

  • #6

    dodo (domenica, 15 aprile 2018 18:46)

    tutto molto bello e dettagliato

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Foto e Video

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19/07/2014 Turkey 2014  

RACCONTO

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27-28-29 /06/2014 Dolomiti e Grossglockner  

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07/06/2014 Apertura Colle dell'Agnello  

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01/06/2014 Oropa e Gran Paradiso  

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11/05/2014 Tourance NEXT  

CONCLUSIONI

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11-14/04/2014 Tour du Perigord (FR)  

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20/02/2014 Tourance NEXT  

Recensione

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Mia recensione

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18/12/2013 58° ELEFANTENTREFFEN 2014  

Viaggio fallito

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07/12/2013 "MARE D'INVERNO.."  

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25/11/2013 MONFERRAGLIA uinter 2013  

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09/11/2013 EICMA 2013  

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21/09/2013 Assietta DAY 2013  

A.Day 2013

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19/09/2013 Recensione Anakee III  

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01/06/2013 Col de Turinì e de la Caiolle

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09/05/2013 Recensione HEIDENAU  

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29/04/2013 Moto...Scollinando 2013

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13/04/2013 Maddalena,Vars,Briancon,Monginevro

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03/03/2013 Turchino Faiallo Marcarolo

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16/02/2013 Giro a Varazze

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04/02/2013 57°ELEFANTENTREFFEN  

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06/01/13 Primo raduno dell'anno Motobefana Benefica Milano.  

          46-MOTOBEFANA

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31/12/12 Valigie Alu Carbon Style con protezione in acciaio.  

          VALIGIE ALU-CARBONIO

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13/12/12 BATTERIA IONI di LITIO  

          Prova BATTERIA LITIO

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17/11/12 EICMA 2012  

         FOTO e commenti

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23/10/12 The Hard Life of my tires 

         VIDEO

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21/10/12 Col du Parpaillon e Tunnel

         VIDEO

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07/10/12 Assietta DAY VIDEO E FOTO

 

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03/10/12 Caricato seconda parte del

         video Sommellier la discesa

        

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22/09/12 Monte Sommellier 3000 mt

         off-road FoFoto / Video

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20/09/12 La Via Del Sale Off-Road 

         da Pieve di Teco a Limone

         Piemonte Foto e Video

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31/08/12 Alla ricerca dell'O-ring perduto

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30/08/12 Tingavert West GP Cayolle

         Video

27/08/12 Tingavert West GP Cayolle

         Immagini in movimento

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03/08/12 Parco nazionale Mercantour video

         Colle della Lombarda video

         foto in movimento

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02/08/12 Monte Jafferau

         Traforo dei Saraceni Video

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27/07/12 Gran CANYON del VERDON foto video

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18/07/12 Monte Jafferau Foto e gps

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18/07/12 Enduro TWIN Party Foto

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27/06/2012 realizzazione cupolino

 "MAD MAX" style

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26/06/2012 aggiornamento video,foto e

  gps file del giro OFFROAD di

  Sabato 23 Giu 2012 Colle Finestre e

  Colle Assietta

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22/06/2012 aggiornamento sito con

  mailing list (o newsletter)

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21/06/2012

- montato gomme TKC 80 TWINDURO

  Continental

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19/06/2012

- caricato immagini tecniche della mia

  nuova creazione mascherina PAPERINIK di

  protezione olio. 

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02/06/2012

- caricato video GAVIA domenica 27 Maggio

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31/05/2012

- caricato video STELVIO domenica 27 Maggio

- aggiunto link per tutti i video in bassa

  risoluzione per internet lenta o pda

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30/05/2012

- caricato 2 video di sabato 26 Maggio

- aggiunto alcune foto sabato 26 passo GIAU

- caricato video "a cena con sterrato"

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28/05/2012 Touratech TRAVEL EVENT 2012

- aggiornamento gps files

- aggiornamento foto

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01/05/2012 Italia Tour TTT 2012 Foto

- diario viaggio 4228 km in 9 giorni

 (no autostrade)